Chiesa di S. Antonio Abate o del Purgatorio
L’edificio, a navata unica, si presenta sollevato dal piano viario in conseguenza dell’abbassamento del piano stradale durante la sistemazione urbanistica del XIX secolo e si iscrive organicamente nel tessuto urbano del luogo con rapporto reciproco di ambientazione cromatica.
La semplicità della facciata a doppio spiovente è impreziosita dal portale e dall’ampia finestra adorni di fregi e volute in pietra lavica sagomata.
Nella lunetta al di sopra dell’architrave del portale, certamente a sottolineare la destinazione cultuale dell’edificio, leggiamo su un libro aperto, oltre i bassorilievi di un teschio coronato su due tibie incrociate e di due clessidre, la data 170 - 01 (grafia incerta dello scalpellino) e la frase IUDICATI SUNT MORTUI. Nella sottostante tavoletta marmorea, invece, troviamo la data 1661 e la sua destinazione secondo il diritto canonico:
CRISTIADU HIC COLITUR
VOTIS ANTONIUS ABBAS
LUSTRALI HINC ANIMAE
SIDERA AB IGNE PETUNT
(In questo luogo viene onorato dalle preghiere dei cristiani Antonio Abate, da questo luogo per le preghiere dei cristiani le anime salgono dal fuoco purificatore al cielo).
Le due date non sono in contraddizione tra loro, indicano anzi due momenti dell’esistere della chiesa stessa. La prima, 1701, si riferisce alla ricostruzione dopo il terremoto della Val di Noto, 1693, e potrebbe indicare la dichiarazione dell’esiguità dei danni inferti dal sisma. L’altra, 1661, annota l’anno della dedica della chiesa e forse dell’incardinamento in essa dell’Arciconfratria dei Morti, evoluzione della Compagnia di Sant’Antonio Abate sotto il titolo della Morte.
Da documenti conservati presso l’Archivio Storico Diocesano, fondo Visite Pastorali, apprendiamo che la chiesa, già nel 1634, è dotata di rendite proprie e in essa viene giornalmente celebrata messa perché servita dalla Confraternita dei Morti, aggregata fin dal 1646 all’Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte di Roma.
L’attuale campanile a pianta quadrata, posto a cavalcavia del vicolo adiacente, risale al 1854 ed ubbidisce ai canoni edificatori del secolo nell’evitare l’uso della pietra lavica.
L’interno della chiesa ha subito nei secoli diversi rifacimenti. Tralasciando quello motivato dal sisma del 1693, sul finire del XIX secolo e successivamente alla ri/costruzione del campanile, fu profondamente restaurata e arricchita con un nuovo altare maggiore in finto marmo, opera di Vincenzo Forzese, Giuseppe Rausi e Giovanni Vitale, e con gli stucchi di Francesco Ruvolo. La munificenza dei coniugi Giuseppe ed Anna Mangano, come ricorda la lapide interna, permette le riparazioni postbelliche del 1945 durante le quali Giuseppe Barone, pittore militellese, affresca l’immagine di Sant’Antonio Abate al centro della calotta sferica che sovrasta il presbiterio. Per un lungo periodo la chiesa fu chiusa al culto e di conseguenza derubata dagli arredi sacri comprese le antiche state di Sant'Antonio Abata e S. Gaetano. Grazie a un nuovo restauro, curato dalla Sovrintendenza ai Monumenti di Catania, l'edificio viene riaperto al culto nel 1998 per volere dell'Arciprete Sebastiano Cristaldi.
Quest'ultimo restauro ha ripristinato l’ingresso della cripta mortuaria chiusa in seguito alle proteste avanzate nel 1874 da alcuni Comunisti per il continuare in essa del rito dell’inumazione malgrado il Comune fosse già dotato di Cimitero.
Sulla parete opposta si conserva l’altare della Madonna del Rosario, l’unico interamente in marmo fiorito e datato 1902, ricco di stucchi floreali in stile liberty e di simboli eucaristici.
Al centro del pavimento della navata si apre l’ingresso alla cripta sepolcrale: un ambiente quadrangolare con tetto a botte.
(Notizie tratte dalla pubblicazione del prof. Pietro Finocchiaro: Pluralità iconografica della “Misericordia” nella chiesa dei Bianchi – Trecastagni - Ed. Fratelli Chiesa 2013)